domenica 26 settembre 2010

Una presentazione. Where do I come from?

In uno slancio del tutto arbitrario, fra mille cose intorno che sono, ugualmente, tutte arbitrarie perchè in fondo è anche bello così, mi accingo a raccogliere in un piccolo pamplhet anni di riflessioni metropolitane, anfibi ai piedi, su qualcosa che di anfibio ha il senso più profono e originale.
L'intuizione è giunta ieri in una delle più belle e maestose sedute della pratica che da sempre mi accompagna: la MEDITAZIONE ACQUATICA.
In un' epoca di modelli che scorrono gli uni sugli altri e di struttura che replica se stessa clonandosi dall'interno, mi metto a raccontare a chi vuol fermarsi su queste pagine tecniche talmente semplici e ancestrali da apparire assodate. Eppure, come mille dimeticate abitudini, traduzione contemporanea di antichissime e tradizionali pratiche di meditazione, anche quella della meditazione nell'acqua (spesso si sente parlare di meditazione "sull'acqua", ma apparirà presto chiaro perchè utilizzo il complemento di stato in luogo "nell'acqua") è andata persa, soffocata dall'ordinarietà di avere l'acqua a disposizione come un bene di nostro possesso.
In realtà, se è vero che usiamo l'acqua per migliaia di utilizzi domestici, commerciali, sanitari e  se è vero  che nei paesi più privilegiati ne  possimao addirittura disporre a piacimento, è altresì vero che  noi apparteniamo all'acqua da milioni di anni e, al tempo stesso, dai primi battiti del nostro cuore appena formato, in quel momento preziosissimmo, immediatamente precedente alla venuta a un mondo tanto eccitante quanto individualista e frenetico. 
Se c'è una cosa che ci accomuna è che siamo stati tutti - e dunque siamo ancora- animaletti in gestazione. 


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